Sempre più giovani e meno giovani, cercano informazioni e chiedono aiuto per aprirsi una loro personale attività, sia questa commerciale come artigianale. Molte sono le richieste che ci giungono.
Mai come in questo periodo si percepisce molta confusione nell’ambito del lavoro. Molte imprese cercano personale specializzato senza trovarlo, molti sindacati denunciano proposte di salari non adeguati, molte amministrazioni pubbliche come grandi realtà imprenditoriali pubblicano bandi di concorso. Di contro molte persone puntano al crearsi una loro personale attività; il sogno ed il fascino del “mettersi in proprio”.
Ma come fare? Dove rivolgersi? Tutto quello che si “dice”, come quello che viene sbandierato, è poi tutto vero o accessibile?
Per chi si affaccia su questo mondo produttivo, vi è molto smarrimento. Primo problema fra tutti è quello della ricerca del credito per avviare il proprio sogno imprenditoriale, piccolo o grande che sia.
Un primo errore da non fare (e molti lo fanno!) è quello di partire proprio dalla ricerca erronea del credito. Spesso ci si sente chiedere: “Ci sono finanziamenti a fondo perduto?” “Che finanziamenti ci sono?” Sembra di stare al mercato e chiedere: mi dà un chilo di mele? Che frutta fresca oggi ci sta? Questo è l’approccio più sbagliato che vi sia.
La prima cosa da fare è comprendere quello che si vuole fare; capire realmente “cosa so fare”? Parte dalla risposta a questa semplice domanda, tutto un percorso che porta poi “ad aprire la serranda” della propria attività. Nel mondo del lavoro non ci si può improvvisare. Bisogna “Saper fare” qualche cosa e farlo anche bene.
Secondo aspetto è quello di verificare se ho le qualifiche legali (attestati, diplomi, certificazioni…) per fare quella determinata attività che desidero svolgere. Già in questi primi passaggi è opportuno farsi “accompagnare” da un professionista del settore, da una Associazione di Categoria che operi nel settore delle nuove imprese. Prima di affidarsi al consulente di turno, verificare chi si ha davanti. Basta andare in internet o sentire chi opera nel settore, per avere una qualche referenza diretta o indiretta. Bisogna cercare di affidarsi ad Associazioni di categoria conosciute e firmatarie di CCNL, professionisti iscritti ad ordini professionali o/e in possesso delle dovute certificazioni.
A questo punto, dopo un buon colloquio iniziale per capire cosa e come voler avviare il tutto e “mettere in piedi” il proprio sogno imprenditoriale, il primo passo è quello di cominciare a creare un primo piano d’impresa, il famoso “Business plan”. Questo strano oggetto del desiderio che sta diventando uno strumento essenziale per ogni operazione finanziaria. Su questo aspetto bisogna spendere due parole. Molti chiedono “a cosa serve il Business plan?” Come deve essere fatto?
Una premessa è d’obbligo. Il termine è molto vago e viene utilizzato dai diversi soggetti finanziari ed economici in modo diverso. Vi è chi identifica il BP solamente in una pianificazione finanziaria analitica (bilancio di previsione) a tre/cinque anni. Chi intende il BP un documento di analisi commerciale, oltre che finanziario e chi vede nel BP un documento che illustri l’assetto aziendale. Bisogna dire che non vi è una “regola certa e codificata” ma vi sono diverse indicazioni spesso provenienti dal mondo universitario, testi di autorevoli docenti, ricercatori ed esperti.
In verità non ho trovato una “codificazione” ufficiale e certificata, ad eccezione di una linea guida ufficiale (molto attenta e particolareggiata) ad opera dell’Ordine nazionale dei Commercialisti e Consulenti contabili, “Linea Guida al Business Plan” a cura del Gruppo di lavoro Area Finanza Aziendale; ma pariamo di BP per aziende molto strutturate o per Start up innovative. Attenzione a non confondere il concetto di “Nuova Attività” con “Start up” innovative; sono due realtà differenti.
Ma le piccole realtà?
Oggi tutte le banche, bandi per finanza agevolata, finanziarie per credito d’impresa, richiedono una valutazione non solamente sui bilanci certificati nei due/tre anni precedenti, ma si basano molto sulle proiezioni finanziarie proprie di un BP. Figuriamoci per una nuova impresa che deve essere valutata esclusivamente sul “progetto aziendale”, ovvero su un piano d’impresa che “faccia vedere” a chi deve erogare un credito, come si andrà a sviluppare quella determinata attività futura e dargli certezza del rientro del finanziamento concesso. Attenzione: a mio personale avviso, bisogna non fidarsi troppo di BP già pronti e preconfezionati. Un buon BP deve essere come una camicia artigianale, “deve calzare molto bene” sulla persona che deve poi operare. E’ un progetto aziendale fatto su misura. Il BP deve essere anche “orientato” verso lo strumento finanziario prescelto. Ogni banca, finanziaria o bando vuole che si mettano in evidenza un aspetto od un altro; quindi bisogna avere necessariamente una visione d’insieme: il mio sogno imprenditoriale con le mie qualifiche professionali (il Saper fare), le risorse finanziarie che mi servono (bilancio di previsione) e dove andarle a chiedere.
Il BP è come un biglietto da visita con cui ci si presenta. Bisogna cercare di trasmettere la propria idea imprenditoriale al meglio. Deve essere chiaro e lineare. Completo di allegati e tabelle finanziarie leggibili. Meglio se accompagnate da un bilancio di previsione pluriennale certificato da un Commercialista. Inoltre fare un buon Business plan serve anche per valutare realmente (e prenderne coscienza) tutte le cose che bisogna fare ed è un ottimo primo indicatore finanziario, una volta avviata l’attività.
In grandi linee possiamo suddividere il BP in più sezioni.
Vi è una prima parte introduttiva dove è bene spiegare da dove nasce l’idea imprenditoriale ed il perché. Chi è l’imprenditore e chi sono i soci. Una seconda parte evidenzia i criteri di redazione del BP ed i suoi principi generali. Si passa poi alla terza parte dove si comincia ad entrare nel dettaglio dell’attività/azienda da “aprire”. In questa fase bisogna cominciare ad entrare nei dettagli: tipologia societaria, locali e rispettive autorizzazioni, professionalità coinvolte, eventuali partner, chi sono i consulenti, tipologia e struttura organizzativa…solo per evidenziare alcuni aspetti salienti.
Nella quarta parte bisogna svolgere una analisi commerciale dell’attività e del prodotto/servizio da erogare, una analisi della concorrenza, situazioni ambientali, il piano marketing, analisi della richiesta e dell’offerta, strategia di vendita, ricerca di mercato. La quinta parte è molto delicata. Bisogna analizzare gli aspetti finanziari della conduzione aziendale, verificare costi e ricavi, analizzare analiticamente i costi della produzione o del servizio che si intende offrire, il tutto con una proiezione a tre anni. Qualcuno lo vuole anche a cinque.
Previsioni di vendita, proiezioni flussi di cassa, conto economico, stato patrimoniale, analisi del pareggio di bilancio, esigenza finanziaria sono i caposaldi di questa quinta parte del nostro documento di pianificazione d’impresa. Oltre all’analisi e al fornire tabelle chiare e ben leggibili, consiglio di affiancare anche una relazione ufficiale di un commercialista e di inserirla nel BP. Qui poi bisognerà fare una piccola “Analisi SWOT”
Nella fase di analisi finanziaria è bene individuare anche le possibili criticità e, nei limiti del possibile, valutare le possibili soluzioni di intervento. Bisogna cercare di pensare a tutto, perché pur pensando a tutto, poi ci chiederanno sicuramente approfondimenti e ulteriori chiarimenti. In realtà, sviscerando il proprio BP, si andrà a costruire, passo dopo passo, tutta la nostra nuova attività, approfondendo tutto ciò che ci serve ed evidenziando tutti gli aspetti, dal piano della sicurezza all’apertura della partita IVA e all’iscrizione alla CCIAA, passando alla eventuale scia per i locali e la selezione dei fornitori. Il “sogno” o l’ idea imprenditoriale, comincia a farsi realtà.
La sesta ed ultima parte è strategicamente essenziale: parliamo degli allegati. Il BP è un disegno, un sogno che noi andiamo a monetizzare ed organizzare su basi reali. Ora dobbiamo allegare tutte le “pezze di appoggio” essenziali, quali i preventivi di quello che dobbiamo acquistare (meglio se timbrati e firmati dal rivenditore), la planimetria del locale e il documento di proposta d’affitto o di acquisto, i documenti personali del titolare e soci, se la partita IVA è già aperta la visura camerale, i preventivi dei consulenti come le autorizzazioni ad esercitare quella determinata attività…..
Come potete percepire il BP è un documento articolato e non ci si può permettere di sbagliare o di farlo in maniera superficiale. Ecco perché è bene farsi accompagnare da un consulente, che ci prenda “per mano” e ci porti dal “mettere a terra” la nostra idea imprenditoriale ad aprire la nostra attività/impresa, ovviamente dopo aver fattoci prendere i dovuti finanziamenti. Al termine del nostro lavoro, in chiusura, è bene fare e riportare una valutazione complessiva del nostro progetto imprenditoriale. Il progetto potrebbe essere accompagnato da una documentazione tabellare e/o fotografica.
Questo, in grandi linee, è uno dei compiti che portiamo avanti. E’ una vera azione di “tutoraggio” concreto, reale ed operativo, cercando di coniugare il desiderio del nostro neo-imprenditore con l’accesso al credito, per poi metterlo nelle condizioni corrette per operare. Per concludere un’esortazione a fare imprese e attività commerciali solide e ben fatte. Henry Ford, imprenditore americano co-fondatore della Ford, in una delle sue frasi celebri disse: “qualità significa fare le cose bene quando nessuno ti sta guardando”. Questo è il concetto che dovrebbe ispirare tutti coloro che vogliono “fare impresa”.
Ivan Simeone / direzione@claai-assimprese.it / 339.4594498 – 331.8659785
Foto tratta da: Fondo Impresa Donna: come funziona, a chi spetta, importi